Stretta monetaria: perché tanta titubanza?

Scenario attuale

- Nel discorso del 14 giugno la chairman della Fed Yannet Jellen ha rialzato i tassi di un quarto di punto e ha sottolineato il desiderio di voler proseguire alla normalizzazione dei tassi in maniera graduale e di cominciare ad alleggerire l’enorme portafoglio di titoli della Fed.

- L’8 giugno il presidente della BCE Mario Draghi ha invece evidenziato che, nonostante i buoni segnali dai principali indicatori macro, l’economia del vecchio continente necessita ancora di stimoli ed il QE proseguirà almeno per tutto il corso dell’anno.





Un commento sulle decisioni

- Le decisioni prese dalla due principali banche centrali sono da considerarsi molto prudenti e l’effetto che queste hanno avuto sul mercato è stato pressoché nullo, indicando come le seguenti deliberazioni fossero già previste.

- Tuttavia, guardando ai dati economici rilasciati negli ultimi mesi, questa titubanza ad allontanarsi in modo più marcato dalla politica monetaria ultra espansiva che ha caratterizzato questi ultimi anni potrebbe sembrare eccessiva.

- Ma quali sono i pericoli che tanto temono le banche centrali:
1) La paura di sbagliare il timing ed effettuare una stretta in una fase prematura del ciclo economico.
2) Il rischio che un rialzo dei tassi a lungo termine provochi sia un’ondata di fallimenti tra i numerosi privati che hanno approfittato di questa situazione di tassi favorevole per richiedere prestiti, sia tra gli investitori di un portafoglio obbligazionario che vedrebbero una brusca perdita di valore.
3) La mancanza di coordinamento internazionale. Se la Fed cambiasse orientamento politico troppo in anticipo rispetto alla BCE potrebbe creare uno shock sul mercato delle divise.

In conclusione la prudenza mostrata dai due “chairmans” è sicuramente legittima e se siamo in una fase di mercato “tranquillo” buona parte del merito va riconosciuta a loro.