Blockchain is not Bitcoin

Da questa frase presa in prestito da un articolo di Forbes, poniamo le basi per provare a smontare quel luogo comune da cui è necessario uscire per capire le opportunità di sviluppo e di investimento relative alla cosidetta “catena di blocchi”. Difatti, il Bitcoin (come le altre criptovalute) non è altro che una declinazione della blockchain, una tecnologia diventata trending topic grazie alla speculazione registrata negli ultimi nove mesi sulla moneta creata da Nakamoto.
Nonostante sia complesso spiegare il funzionamento della blockchain, possiamo partire immaginando quali punti di contatto possono esistere tra il concetto di fiducia, comunità, crittografia, trasparenza, condivisione e competizione per il raggiungimento di un obiettivo comune; pur sembrando concetti sconnessi e incollegabili, l’architettura blockchain si pone da collettore tra questi, dando ai partecipanti la possibilità di gestire transazioni/dati condivisibili attraverso i diversi nodi che compongono la rete. Si tratta di un database destrutturato e decentralizzato, costruito in diversi blocchi divisi uno dall’altro in cui qualsiasi tipo di convalida per dar seguito ad uno scambio di informazioni/dati tra i componenti deve essere accettata dagli stessi componenti della rete, i cosidetti nodi. Una tecnologia assimilabile alle archiviazioni in cloud, ma con funzionalità e sistemi di sicurezza che superano la “semplice” archivazione sul web.
Per provare a semplificare il funzionamento sottostante a tale tecnologia, proviamo a dare un’accezione pratica per descrivere come ragiona il paradigma blockchain. Immaginiamo che ci siano delle elezioni politiche in un paese, o piú semplicemente un referendum. Supponiamo che tutti gli elettori aventi diritto debbano votare nello stesso luogo. La prima cosa da fare sarà verificare i documenti d’identità per ognuno di essi. Se la persona è autorizzata ad entrare all’interno del luogo di voto, gli verrà assegnato un codice alfanumerico per poter garantire l’anonimato al momento dello spoglio. Al contrario, verrà respinta la possibilità di votare. Una volta validata l’identità e il diritto al voto, l’elettore esprimerà la propria preferenza attraverso una semplice scheda elettorale precompilata con il codice alfanumerico identificativo assegnatogli all’entrata. Conclusa la votazione, immaginiamo che a tutti gli altri elettori venga consegnato l’elenco con i codici identificativi assegnati ai presenti, partecipando attivamente allo spoglio dei voti e, al contempo, mantenendone l’anonimato. Al momento dello spoglio, contrariamente a ció che accade nella realtà, ognuno di questi dovrá validare ogni voto di tutti gli altri elettori sotto la supervisione dei presenti e, in caso di anomalie, rifiutarne la validità. La condizione necessaria e sufficiente per poter considerare valido il voto è che tutti gli elettori debbano dare il proprio benestare ad ogni singola scheda. In caso contrario, la singola scheda elettorale non verrà conteggiata per determinare la maggioranza. In questo modo, si avrebbe la certezza che tutti abbiamo dato il proprio consenso su ogni singola scheda e il candidato o la proposta con piú voti sarebbe scelta e condivisa in modo democratico e trasparente. Allo stesso identico modo, funziona la blockchain. Se immaginassimo gli elettori come “nodi” della blockchain e il database come il luogo dove gli elettori si recano a votare, attraverso l’anonimato e l’incorruttibilità garantita dalle connessioni peer-to-peer (che nell’esempio è rappresentato dal codice alfanumerico), si puó avere un’idea di come funziona tale tecnologia. Lo scambio di informazioni è rappresentato dal consenso che ogni elettore dà su ogni voto mentre il risultato finale non sarebbe altro che la scelta del candidato alle elezioni, che per la blockchain potrebbe rappresentare una soluzione ad un problema matematico o informatico posto all’interno dell’infrastruttura.

Nonostante sia da monitorare l’implementazione di processi automatizzati (o machine learning) all’interno di infrastrutture blockchain, l’aspetto piú importante da annoverare è la sua duttilità e la possibilità di fornire soluzioni ad hoc in tantissimi settori, dal privato al pubblico, per poter soddisfare bisogni molto diversi tra loro. Altro aspetto determinante da considerare è la sua impenetrabilità: secondo uno studio di Juniper Research, tra il 2018 e il 2022 si stima una spesa pari a 8.000 mld/$ per prevenire i rischi legati alla cybersecurity. In un contesto sempre piú attento ai rischi informatici, l’investimento in tale tecnologia potrebbe risultare una strategia vincente per beneficiare di un vantaggio competitivo nella sicurezza IT rispetto ai propri competitors. Nel 2017 sono stati stimati investimenti in blockchain private e in società con business volti a fornire soluzioni utilizzando tale tecnologia pari a 5.5 mld/$. Gartner stima che il business globale legato alla Blockchain possa raggiungere 3.000 mld/$ entro il 2024.