Tassi USA: l’esordio di Powell non esclude un quarto rialzo

Il primo discorso tenuto dal nuovo Presidente della Federal Reserve non si è scostato di tanto da quello che si aspettavano i mercati: dopo le sue parole sono iniziate le vendite che da due giorni mantengono in territorio negativo i listini americani ed europei. Le pubblicazioni della settimana scorsa sulla salita dell’inflazione avevano già dato avvio ai rumors su un più probabile quarto rialzo dei tassi di interesse nell’arco dell’anno: l’aumento dei prezzi core dell’ 1.8% ha dimostrato un significativo avvicinamento al target del 2% previsto dai Regulators e dopo l’entusiamo di Powell i tempi potrebbero essere maturi per un’ulteriore stretta sul debito.

Se da un lato questi fattori sono espressione di un’economia in crescita, dall’altro i mercati azionari, che hanno già corso molto nel corso del 2017, potrebbero non esultare in presenza di una azione di politica monetaria troppo restrittiva. Con il rialzo dei tassi di interesse, infatti, il mercato obbligazionario americano tornerebbe ad essere appetibile agli occhi degli investitori che sinora si sono rivolti ai comparti più rischiosi per la ricerca di rendimento.



Dall’altra parte, però, anche se è possibile che ci sia una breve correzione compatibilmente con l’incremento dei rendimenti ed un eventuale rafforzamento del dollaro, gli interventi della Fed potrebbero non avere un effetto molto negativo sulle azioni USA. Un esempio che evidenzia il sentiment dei risparmiatori è dato dall’osservazione dei flussi degli ETF: l’IShares Core US Aggregate Bond ETF (uno tra i più scambiati sul mercato) ha avuto un totale di afflussi da inizio anno solo di 3.45 miliardi di dollari, mentre l’IShares S&P 500 ETF ha registrato nello stesso periodo un totale di inflows di 10.25 miliardi di dollari, con un uguale incremento del 6% sul totale delle masse presenti. Inoltre, dalle ultime pubblicazioni dei dati corporate, le società US continuano ad esibire utili da record che potrebbero aumentare ancora con l’attuazione della riforma fiscale.

L’America, dunque sembrerebbe crescere in modo solido e gli ultimi dati del Consumer Confidence Index (oltre le aspettative e ai massimi dagli anni 2000) confermano la presenza di aspettative positive sugli scenari economici futuri.

Tuttavia, le strategie di politica economica del Presidente Trump e l’attuazione dei suoi piani di intervento rimangono un elemento di incertezza, soprattutto in presenza di un debito Americano ancora importante e legato agli accordi con le controparti cinesi.

Con il Treasury a 10 anni che ormai oscilla tra i 2.8 e i 2.95, aumentano le possibilità che nel corso del suo rialzo rimangano coinvolti anche i rendimenti dei bonds europei: la correlazione tra il decennale Americano e il Bund Tedesco è aumentata nell’ultimo anno, e i governativi europei tradano con valutazioni molto alte a causa della forte presenza (in fase di diminuzione) degli acquisti da parte della Banca Centrale Europea.